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Percezioni antiche e affezioni moderne nelle opere di Elisabeth Haug -solo ex Galleria Il Collezionista, Rome 21th of February - 8th of March 2018

A cura di Elena Gradini 

 

Uno squarcio improvviso e tagliente sembra fendere le tele dell’artista Kari Elisabeth Haug con la stessa violenta passione creativa da cui il gesto genera la sostanza visiva, che ne è l’impianto stesso. All'improvviso, senza morbidi trapassi, lo spettatore percepisce su di sé tutta una serie relazioni con l’altro, immedesimandosi necessariamente col gesto fissato sul supporto materico. L’artista si ispira al doppio incontro con la sua terra d’origine – il grande Nord -  e con la città di Roma, già peraltro indagata attraverso i romanzi della scrittrice norvegese Sigrid Undset. Qualcosa colpisce la mano e la mente dell’artista, che leggendo e facendo propria la trama letteraria della Undset, riporta su tela il tema romanzesco dell’Incontro. Il primo incontro è infatti il denso resoconto delle tante e differenti sensazioni di chi si trova per la prima volta ad attraversare la città Eterna, con tutte le sue impareggiabili bellezze. Un omaggio a Roma dunque ma anche un omaggio all’Incontro come evento. L’incontro alogico, quello atteso, quello disdetto o quello temuto. Il complesso di relazioni fisiche ed emotive che ad esso si legano in modo imprescindibile; le conseguenze che se ne possono addurre. Sono tutte tematiche che emergono con forza nelle opere dell’artista Haug che grazie al gesto netto e deciso riesce ad esprimere con il colore un infinito universo emozionale che lega o divide le persone, a seconda del tipo di connessioni instaurate. Pochi, in verità, sono i tratti che permettono all’occhio dell’osservatore di cogliere eventi e dettagli. Piace pensare che all’artista sia caro esprimere l’universo degli affetti attraverso un tratto pulito ed essenziale che non ha bisogno di aggiunte o di sovrabbondanze. E’ un gesto sicuro, veloce, rapido, almeno quanto è quello di chi si incontra, che velocemente entra in contatto con l’altro per riappropriarsi tuttavia, nel modo più veloce possibile, del proprio spazio e del proprio intimo vissuto. Un incontro di linee, di tratti grafici va ad impressionare la tela, ottenendo esattamente quanto atteso dall’artista; la messa in primo piano di una situazione affettiva che, come tale, si esprime attraverso pochi e veloci gesti prima di dissolversi nella trasparenza che necessariamente le situazioni emozionali richiedono.  

Pittura "Mattina Rosso" - alla mostra "I contemporanei a Uffizi" di Firenze, dicembre 2016

La fortissima carica emotiva di quest`opera viene fuori con tutta la sua potenza, dirompendo nell`animo dell´astante, che colpito dall´aspetto emozionale del dipinto, ne rimane affascinato e ne desidera svelare la segnica.

Pochi colori, tra cui il rosso, predominante in tutto e per tutto, che modula l`andamento dell`intero dipinto, e  che alterna momenti tonali piu intensi a momenti tonali piu evanescenti, creando un dinamismo cromatico suggestivo ed elegante. La corrente informale qui rivalutata e rimasterizzata in una chiave ancora piu personale, piu misteriosa e con un forte simbolismo che supera quasiasi livello cognitivo iniziale e che richiede dunque una lettura attenta ed intensa dell`opera. Il bianco dello sfondo addoclisce l`immaginifica visioe dell`artista Haug, che tra evanescente, gocce di colore e pennellate corpose disegna le linee di una nuova estetica.

"Segnalati" critica d´arte, mostra a Edimburgo, 2015

Oltre il concetto di dripping di Pollock. Oltre le realtà vedono nel segno discontinuo un paradosso. Oltre la perfezione stilistica della pittura figurativa. Oltre tutto questo, nascono le splendide narrazioni visive di Kari Elisabeth Haug. Un`artista geniale capace di scomporre il segno e di riporto sui giusti binari. La sua e una pittura di azone. Haug e una grande action-painting, capace attraverso la sua energica creativa di creare dei capolavori destinati a rimanere nel tempo e nello spazio. I lavori di Haug sono i nuovi «best seller» della pittura contemporanea. Lavori costituti dalla genialita della forma e da una croma molto accesa. Le sue crome, sempre molto calde, sono, dunque, Ièstrema sintesi di un pensiero, che ha, nella comunicazione il suo punto di forza. Una pittura, che si e fatta largo, tra le mille difficoltà di unàrte contemporanea sempre messa in discussione.  Dott. Salvatore Russo

La pittura della speranza
Art Dichiarazione scritta dal curatore Dott. Salvatore Russo, Luglio 2015.

 

Kari Elisabeth Haug

 

Un`artistache rielabora il segno. Questa e Kari Elisabeth Haug. Un`artista in grado di dipingere il silenzio del mondo. La realtà che sceglie di rappresentare, e una realtà che Kari ha nel cuore e nella mente. Una realtà straordinaria, fatta di splendide crome e di una elevata sintesi segnica. Le sue linee percorrono una nuova via lattea, e conducono l`osservatore nel più bel paradiso contemporaneo.

 

La pittura della speranza

Art Dichiarazione scritta dal curatore Dott. Salvatore Russo, Marzo 2015

 

Kari Elisabeth Haug

 

“Un'opera d'arte è soprattutto un'avventura della mente”, voglio partire da questa citazione di Eugène Ionesco, per spiegare l'arte di Kari Elisabeth Haug. Un’arte che da anni lotta contro il perbenismo figurale; un’arte che, attraverso la sua stesura informale, ci rivela le confessioni più intime, che l’artista sceglie di condividere con noi. Graffi dell'anima. Dilemmi della psiche. Dubbi amletici e danze cromatiche. Queste sono le caratteristiche principale di una pittura che ha in Kari Elisabeth Haug la sua massima interprete. Una pittura informale che tesse le sue trame segniche su tela. Una pittura che esplora i luoghi bui della mente umana e ne proietta gli enigmi. In Haug troviamo una potenza linguistica capace di legare il significato al significante sotteso delle cose. Narrazioni, che hanno la stessa forza evocativa delle leggi divine. Narrazioni segniche e cromatiche in grado di sedurre la mente dell'osservatore, portandolo così, a compiere quel viaggio immateriale che vede l'anima staccarsi dal corpo ed esplorare nuovi mondi. Mondi in cui l'arte è la Regina assoluta. Un'arte quella di Kari Elisabeth Haug fatta principalmente di una segnica essenziale, ma che porta con sé significati molto complessi. In quest'arte si vede tutta la forza creativa della pittrice action paintings. Una pittura che si lascia guidare dalla genialità dell'istinto. Una pittura il cui punto di forza è rappresentato dalla forte gestualità. Come i più grandi artisti informali, Kari, esprime la grande potenza dei suoi sentimenti. Una pittura che racchiude emozioni urlate, e drammi la cui filosofia è da ricercare nella mente dell'artista. Una mente che esplora l'infinito, per poi riportarne l'estrema sintesi. Un ruolo fondamentale, nelle opere dell’artista, è occupato dalla cromia. La cromia nel narrato di Haug, ha sempre risvolti positivi. Nessun pragmatismo o pessimismo cosmico. Una luce che oscura il buio e splende più bella che mai. La pittura di Haug, è una pittura di speranza. Testimonianza di ciò, sono i titoli che l’artista sceglie per le sue opere. Opere come “Keep on telling”, “Hope”, “Exsistence”, sono l’invito a continuare a credere nella vita. La pittura di Kari Elisabeth Haug, è, dunque, la pittura della speranza. Una pittura che ci dice che, oltre all’orizzonte, c’è una nuova luce, che ci guiderà alla salvezza eterna.

Salvatore Russo

Un critico d'arte nell'Annuario italiano "Eccellenze", pubblicato nel giugno 2015

 

La ricerca informale di Kari Elisabeth Haug approda a cro- matismi che scivolano sulla tela in un fluire intenso, volto a raccontare un incalzante sovrapporsi di emozioni. Luce e ombra si rispondono con scattante dinamismo,generando lampi di luce improvvisi come moti d’animo esplosi e poi trattenuti da una ragione compositiva preordinata. La pittrice mostra perizia nell’abbinamento cromatico; nell’organizzazione spaziale l’ispirazione è animata da una gestualità incisiva.

Paolo Levi

 

Kari Elisabeth Haug è un’artista che nella sue creazioni arti- stiche sembra comporre le pagine di un diario emotivo, de- scrivendo i luoghi e i valori insiti nella sua anima. Le sue opere traducono nella materia pittorica flussi di coscienza, inquietudini sottili, e il senso di un percorso intimo e ansioso di conoscenza. Queste composizioni, turbinose e coinvolgenti nei loro ritmi velocemente scanditi, catturano lo sguardo in

una trama misteriosa, travalicando i limiti della ragione.

Stefania Bison

 

I vibranti cromatismi di Kari Elisabeth Haug percorrono la tela guidati dall’urgenza di dare voce alle pulsioni più profonde dell’inconscio. Colori e segni sono i protagonisti indiscussi che nell’amalgama informale producono fermenti e variazioni ritmiche che, intrecciandosi, descrivono l’inedito connubio tra pittura e poesia che abita il lavoro dell’artista.

Sandro Serradifalco

 

Lo stile dei quadri di Kari Elisabeth Haug richiama, per astrattismo e di istintività, i pittori informali dell’action painting. L’artista rielabora e supera la filosofia di questa correnti pittorica, creando un linguaggio originale e distintivo, che esprime le passioni e le inquietudini del suo animo.

Salvatore Russo

Art Dichiarazione scritta dal curatore Dott. Salvatore Russo, November 2014

Evasioni dal mondo reale. Vere e proprie fughe dalla realtà in cui viviamo. Fughe che portano l’uomo a ricercare un mondo a lui

sconosciuto. La pittura di Kari Elisabeth Haug, è un tipo di pittura che attraverso segni e simboli, porta l’astante ad interrogarsi sul

significato della vita. Haug traccia le basi di una pittura informale che lotta a spada tratta contro la figurazione classica. Nelle sue

opere troviamo sempre la luce che si scontra contro il buio. Un buio che rappresenta il malessere dell’uomo comune e la luce che invece

vuole rappresentare la salvezza eterna. Haug è una amazzone. Una guerriera che intraprende la battaglia dell’arte. Una guerriera che

impugna la sua lancia e scende in guerra a combattere la malaria da cui è affetta l’arte contemporanea.

 

COMUNICATO STAMPA

Mostra

“MASTERS & ARTISTS OF TODAY” Homage to the Great International Artists

 

Kari Elisabeth Haug, pittrice norvegese ispiratasi anche lei per questa serie di opere al Maestro Eduard Munch. La dimensione immaginativa della pittura di Haug mitigata da un linguaggio personale in cui l'artista evidenzia esperienze autobiografiche e appartenenti al suo quotidiano con cenni e citazioni, dell’artista più amato Eduard Munch compongono queste nuove tele. Figure che sono quasi fantasmi, ricordo di un tempo passato, ma anche ombre di un futuro che andrà in definirsi e che prenderà forma

Roma: la Galleria Tondinelli presenta la mostra Love

Opere di Anita Fleerackers, Katerina Georganta, Kari Elisabeth Haug, Anne Lise Kaaby Aas.

Kari Elisabeth Haug

La Galleria Tondinelli do Roma presenta dal 9 al 29 febbraio 2012 la mostra Love con opere di Anita Fleerackers, Katerina Georganta, Kari Elisabeth Haug, Anne Lise Kaaby Aas, a cura di Costanzo Costantini e Floriana Tondinelli. La mostra vuole tracciare un percorso sul tema dell’amore attraverso alcune espressioni artistiche varie e rappresentative di una visione romantica, passionale, melanconica, platonica del discorso amoroso. La cultura italiana ed europea è intrisa del tema dell’amore e delle sue rappresentazioni sin dai tempi più antichi, l’arte moderna prosegue con diverse interpretazioni, mettendo il segno focale su opere che sono capolavori assoluti; tra gli autori più significativi del 900’ che interpretano l’amore, Chagall. Anche nell’arte contemporanea sono molti gli artisti che s’ispirano a questo tema, e lo rendono più che mai attuale nella ricerca dell’altra metà, nella conoscenza del corpo e della mente, nell’esaltazione dei sensi, nella contemplazione di un volto.

 

 

Inaugurazione: giovedì 9 febbraio 2012 ore 18.30-20.30 

Sede: Galleria Tondinelli Indirizzo: Via Quattro Fontane, 128/a - 00184 Roma

Tel: 06 4744300 www.galleriatondinelli.it  Durata: 9-29 febbraio 2012

Organizzazione e ufficio stampa: Galleria Tondinelli Tel 06 4744300

Orario: lunedì - venerdì 10 - 12.30 e 16 - 19

 

Kari Elisabeth Haug

Nata a Oslo, Norvegia. La pittura è la sua forma di espressione più importante ma anche il pianoforte e la poesia sono fonte d’ispirazione. Il carattere informale delle sue opere si manifesta con l’uso sapiente del colore. Una forza espressiva magmatica che avvolge in un vortice i sentimenti dell’essere umano, la bellezza della natura. L’artista è spettatrice del manifestarsi dei sentimenti umani la metafora del ponte, dell’illusione, assistiamo alla sublimazione dell’amore. Diverse sono le esposizioni internazionali a cui l’artista ha partecipato: Oslo, Parigi, Salisburgo, Las Vegas.

 

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KARI ELISABETH  HAUG ALLA SCUOLA DI EDVARD MUNCH

 

di COSTANZO COSTANTINI

 

                                                                                                                                                                                                                        “Sono trascorsi oramai otto mesi da che 

lei è entrato in questa clinica, signor Munch. Ritengo che un colloquio sia improcrastinabile. E’ importante che lei mi racconti i suoi pensieri perché vorrei farla uscire quanto prima, ma per questo ho bisogno che lei mi parli”.

 

        “Di che cosa devo parlare, dottore?

        “Oh, di quello che lei desidera, si tratta di una semplice conversazione”

        “Io ormai non desidero nulla. L’unico mio interesse è da tempo la pittura”.

        “Sarei deliziato se lei avesse la compiacenza di parlare dei suoi quadri con un profano come me”.

        “Non è proprio dei miei quadri che vorrei parlarle , bensì della tecnica, del modo in cui li dipingo”.

        “Se la conversazione si farà incomprensibile, le prometto che la interromperò”

        “Io dipingo quadri, dottore, perché è ciò che mi è stato chiesto.

L’artista, come ha scritto Nietzsche, non è che uno strumento di Dio”.        

        “Questa metafora non sminuisce affatto la sua personale creatività”.

“Gli artigli di un uccello da preda sono penetrati nel mio cuore. In cambio delle tele che dipingo mi è stato chiesto di rinunciare alla vita, all’amore e alla gioia. E’ questo il patto che Dio ha stretto con me”.

        “Riesco perfettamente a seguirla”.

        “Per tener fede a questo non basterà stendere dei colori sulla tela, non è una serie di quadri che sono chiamato a dipingere, ma la richiesta riguarda come li dipingerò. Per essere l’archetto di Dio dovrò cercare i suoni più adatti affinché la Sua creazione si compia. Anni fa avevo appena finito di dipingere  La bambina malata, un quadro in cui avevo rievocato tutto il dolore per la morte della mia piccola sorella Sophie, e sono certo che nessuno altro pittore ha avuto un uguale dolore come è successo a me, fu allora che presi un coltello e  cominciai a ferire la tela fino a renderla simile al mio cuore”.

        “Questo molto interessante, continui”.

        “Lei forse pensa che il mio sia una sorta di delirio egoistico o narcisistico: Nietzsche la chiamava maledetta ipsissimosità Ma non è così”

        “La credo”

        “Voglio dire che con il coltello non ho ferito la tela, ma me stesso”.

        “Ma crede, dottore Nietzsche dice che la commedia attiene a Dio. Agli uomini si addice a tragedia”.

        “Eterno ritorno, trasmutazione di tutti valori: Lei sta andando ben oltre i nostri già scandalosi Ibsen e Strindberg”.

        

Il dialogo fra Munch e il dottor Jacobson è stato ricostruito da Francesca Bonazzoli, laureata in iconologia e storia dell’arte, in L’inganno della scimmia (Skira,2OO6),sulla base di scritti e ricordi autobiografici del pittore norvegese, ed è pertanto da ritenersi sostanzialmente attendibile. 

 

Nato a Loten nel I863, Munch incomincia a dipingere sotto l’influenza di pittori locali di tendenza naturalistica, ma ben presto si reca in Francia, in Italia e in Germania, dove resta più a lungo che altrove. Prende contatto con le opere di Manet, di Van Gogh, Gauguin, Degas e soprattutto conosce l’espressionismo, nelle sue varie espressioni. Nel 1892 tiene a Berlino una nostra che richiama l’attenzione su di lui, specialmente negli ambienti del Die Bruche, con uno strascico di scandalo.

La vita di Munch non è che una lunga sequenza di eventi tragici: a cinque anni quando muore la madre; ne ha quattordici quando muore la sorella Sophie, che ha una anno più di lui; Soggiace a ricorrenti crisi nevose e nel 1908 viene ricoverato in clinica per un collasso “Ognuno di noi ha avuto un padre, una madre o un fratellino malato di tubercolosi”, dice con profonda malinconia, se non con profonda angoscia. La ”malattia mortale” di kierkegaardiana memoria, sotto forma di lesione ai polmoni. Nonostante la realtà lo strazi, o forse proprio per questo, può definirsi un pittore visionario. Come insegna Focillon, i pittori visionari, che vanno dal Tintoretto a Odilon, a Redon, hanno una percezione estetica più sottile degli altri pittori, una visione speciale del fenomeno artistico, Munch non meno degli altri, fra i quali Rembrandt, Piranesi, Burri, Tapies.

E’noto in campo internazionale per IL GRIDO, un quadro mitico, poco meno del DAVID di Michelangelo, se non della GIOCONDA di Leonardo: Eppure Francis Bacon, che aveva in mente di realizzare il più bel quadro del grido umano, non lo cita neppure. Il più bel quadro del grido umano l’aveva realizzato, secondo lui, Ejzenstejn, ossia il grido della bambina nella CORAZZATA POTEMKIN e in pittura Poussin nel Massacro degli innocenti, il quadro che era a Chantilly e che ogni volta che lo vedeva gli faceva “un’impressione terrificante”. Forse anche Bacon era un pittore visionario, ma dalle visioni distorte, strabiche, se non oscene. Sebbene venisse di tanto in tanto a Roma, egli non aveva mai visto un quadro di Caravaggio, non era mai entrato neppure in San Pietro, anche perché aveva paura di vedere l’originale dell’ INNOCENZO X  di Velasquez, che considerava il più bel quadro del mondo, dopo i rimaneggiamenti o che ne aveva fatto in base a riproduzioni fotografiche. Egli aveva visto agli Uffizi, prima che venisse danneggiata dall’alluvione, la CROCIFISSIONE di Cimabue ma ci vedeva ”un verme che striscia sulla croce”. Bacon veniva accusato di amare l’orrore, accusa che egli respingeva, ma Balthus, che lo conosceva bene, era convinto che fosse un pittore “maledetto”. Molti sostengono che esista un legame fra l’orrore e la bellezza.” Che cosa sia la bellezza io non lo so”, diceva Durer. Ma se non lo sapeva neppure Bacon? Non resterebbe che l’orrore.

Ho dimenticato Kari Elisabeth Haug, il soggetto principale di questo articolo. Un discepolo che non superi il Maestro non è un vero discepolo”, diceva Nietzsche. Non voglio dire che Elisabeth abbia superato il Maestro, ma è una vera 

discepola di Munch, assolutamente a tal punto che il quadro che gli dedica potrebbe figurare benissimo in una mostra accanto alle opere del Maestro. Il disegno felice, nuovo, personale. E’ anche lei un’artista visionaria, dal  potere fantasmatico, per cosi dire. Oltre Munch, ricorda Leonardo. ”Tutto ciò che è nell’universo il pittore o la pittrice lo ha prima nella mente, poi  nelle mani”. Leonardo dava inoltre una grande importanza alle macchie che l’umidità forma sui muri, perché da esse l’artista può trarre una grande varietà di motivi e ispirazioni, ossia monti, valli, fiumi, orizzonti, figure, personaggi, fantasmi. Per il colore Elisabeth ricorda, oltre Van Gogh e Gauguin, i coloristi amati dal suo Maestro, Cezanne. (“Non c’è che un mezzo per risolvere tutti i problemi in pittura: il colore”): ”Io e il colore siamo una cosa sola”, diceva Paul Klee, che proveniva da una famiglia di musicisti, il padre suonava il piano come Elisabeth, Paul il violino. Il bianco di Elisabeth richiama alla mente certi quadri del pittore americano James Wistler o taluni dei ritratti femminili firmati da Guttuso. A proposito di Munch è stato sollevato il problema che si era posto per Morandi, il pittore delle bottiglie, come veniva volgarmente chiamato ossia il problema della ripetizione. Per il pittore italiano i critici più acuti avevano osservato che tra un quadro e l’altro c’erano delle differenze, sia pure impercettibili; Circa Munch è stato chiamato in causa addirittura Kierkegaard, che eleva un inno alla ripetizione. Scrive il filosofo danese nel saggio “La ripetizione”: “L’unico amore felice è quello della ripetizione”. Ai due autori citati dal dottor Jacobson, Ibsen R Strindberg, bisogna aggiungere Kierkegaard, il padre dell’esistenzialismo. KARI ELISABETH HAUG è una pittrice esistenzialista, come lo era, in modo irripetibile, Edvard Munch.

FELICE L’INTUIZIONE di Floriana Tondinelli di intitolare la mostra “Sognando EDVAR MUNCH”...   

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